Metodologia e cura dei pazienti disabili: procedure tecniche nelle differenti sindromi

Le notizie raccolte sulla cartella clinica del paziente ci permettono di elaborare un giudizio diagnostico e un corretto programma di intervento, che dovrà essere spiegato dettagliatamente ai familiari. In effetti il piano di trattamento deve basarsi certamente sulla patologia orale esistente da curare; ma deve altresì far riferimento al grado di collaborazione del paziente e della sua famiglia; in caso contrario non si parlerebbe più di odontoiatria speciale ma di odontoiatria pura. La collaborazione del paziente è influenzata da molteplici fattori, tra i quali abbiamo Ia paura, l’ansia e l’angoscia. Ora, l’angoscia rappresenta già uno stato patologico che richiede il ricorso all’anestesia generale, però Ia paura e l’ansia possono essere vinte facilmente seguendo un protocollo d’approccio. La collaborazione, purtroppo, dipende anche dalla capacità del paziente di mantenere ferma Ia testa o aperta Ia bocca e ciò significa nella maggior parte dei casi che non riescono a controllare i movimenti inconsueti e distonici, dover chiedere il consenso per l’uso dell’apribocca e per Ia contenzione; in questo ultimo frangente viene assai utile ricorrere all’aiuto dei familiari, per quanto Ia loro presenza renda l’atmosfera meno serena e più tesa per tutti quanti.
I suggerimenti che seguono non devono essere interpretati come ostentate generalizzazioni da assurgere a teoria, ma devono restare semplici indicazioni alla cura di pazienti, che richiedono sempre e comunque una personalizzazione del protocollo terapeutico. Vi sono alcune categorie di disabili ben definite come fenotipo, che presumono impostazioni operative diverse. Esse sono:

1) Paziente con disturbo autistico. Indubbiamente si tratta del tipo di paziente che rende l’approccio iniziale quanto mai difficile, se non impossibile. In genere pur avendo una scarsa igiene orale, si riscontra una bassa incidenza di processi cariosi. Si curano in anestesia generale, però può essere utile Ia sedazione qualora si debba intervenire sul settore frontale o effettuare controlli periodici.

2) Paziente con psicosi depressiva. È preferibile consultare lo psichiatra che lo segue prima di intraprendere qualsiasi tipo di manovra. Le sedute devono essere brevi, poiché risulta difficile mantenerlo tranquillo; deve essere continuamente rassicurato ed assecondato. Quando appare intrattabile, si deve curare in anestesia generale, sottoponendolo poi a controlli periodici.

3) Paziente schizofrenico. È essenziale ottenere dallo psichiatra informazioni generali relative al comportamento da assumere al cospetto di tali pazienti ed in certi casi è inevitabile il ricorso all’anestesia generale. È importante stabilire sin dall’inizio un buon rapporto, che può indurlo a tornare, ma attenzione: le sue reazioni sono quanto mai imprevedibili, perchè può affezionarsi facilmente e altrettanto facilmente può arrivare ad odiare. Non si può mai fare affidamento sulle promesse di mantenere una corretta igiene orale, perciò le protesi devono essere evitate il più possibile.

4) Paziente cerebroleso ed encefalopatico. L’approccio risulta molto facile dal punto di vista umano, poiché il paziente appare indifeso, ma pone davanti a soluzioni difficili: Quante sedute potrà sopportare? Qual’è l’urgenza? Si riuscirà a lavorare nei setti posteriori? Ebbene, lo schema terapeutico dipende molto dall’età del soggetto, dalla gravità della patologia di base e di quella orale, dal grado di collaborazione, quindi bisogna optare o per terapie ambulatoriali o per interventi in narcosi. Generalmente I familiari accettano di buon grado l’una o l’altra soluzione proposta. Per questi pazienti è fondamentale effettuare controlli periodici e sedute di profilassi ad intervalli di 3-4 mesi al massimo.

5) Paziente Down. La carie rappresenta, per lo più, un problema dell’infanzia, poi diviene importante Ia correzione della malocclusione ed il trattamento della patologia parodontale.

Trattamento ambulatoriale del paziente diversamente abile

L’assistenza odontoiatrica al portatore di handicap richiede metodi terapeutici differenziati che devono essere modulati secondo le esigenze del disabile stesso. Ancora una volta saranno il tipo di handicap e il coefficiente di collaborazione a condizionare le varie metodiche operative adottate, preferendo il trattamento ambulatoriale per quei soggetti che presentano difficoltà da lievi a moderate: incoordinazione muscolare, ritardo mentale, disturbi emotivi. È bene evitare gli inconvenienti e i disagi dell’ospedalizzazione quando in un paziente l’approccio e la messa in opera di adeguate tecniche di controllo possono consentire un esito positivo in ambulatorio odontoiatrico opportunamente attrezzato.
Le prestazioni ambulatoriali trovano spesso, nei soggetti handicappati delle limitazioni oggettive in alterazioni del comportamento o in deficit intellettivi o fisici che rendono questi pazienti indisponibili, in modo relativo o assoluto, alla collaborazione con il medico. Nei soggetti con rilevanti menomazioni psico-intellettive ci si limita, di solito, a una visita stomatologica, talora forzosamente sommaria, Ia quale offre, però l’occasione di discutere con i genitori, delle condizioni di salute orale di questi ragazzi. II coinvolgimento delle persone che si prendono cura dei minorati mentali riteniamo sia di enorme importanza, Ia loro presenza rassicurante e Ia loro collaborazione permettono di effettuare delle visite più accurate e, talora, nei pazienti più tranquilli e di cui si riesce a conquistare Ia fiducia, effettuare anche esami radiologici come l’ortopantomografia o piccoli interventi odontoiatrici; in seguito Ia loro responsabilizzazione è irrinunciabile per Ia cura dell’igiene orale, il corretto proseguimento della terapia e il mantenimento dei risultati conseguiti.
L’indicazione nel rapporto ambulatoriale con i disabili è di non usare mezzi particolari per superare l’eventuale ostruzione al trattamento, che non siano quelli di un colloquio persuasivo con iI paziente; non occorre usare psicofarmaci se non in casi particolari. Nel caso specifico di disturbi legati esclusivamente alla motricità, Ia collaborazione del paziente, indisponibile per motivi indipendenti dalla sua volontà può essere ottenuta, solo dietro valido consiglio dei genitori, con blandi mezzi di contenzione, quali l’apribocca autostatico o l’applicazione di apposite cinghie al poggiatesta e al capo, che impediscano movimenti involontari

La prima visita

La visita iniziale è importantissima, perchè è in questa occasione che si stabiliscono i programmi di trattamento e di controllo. I ritardati mentali sono molto suscettibili al pre-condizionamento: è consigliabile perciò porsi al loro livello in base all’età mentale piuttosto che a quella cronologica. II primo rapporto con il disabile si ha nella raccolta di dati anamnestici, quindi è bene avere questo primo incontro al di fuori dell’ambulatorio odontoiatrico, in un’atmosfera più rilassante. L’incontro con un diversamente abile e con Ia famiglia deve essere il più diretto e aperto possibile e quindi scevro da pregiudizi: I’odontostomatologo che si dedica a questo particolare tipo di pazienti non deve avere solo una idonea preparazione tecnico-operativa, ma anche psicologica. L’operatore deve venire a conoscenza di tutti quei dati utili ai fini del trattamento e della protezione del paziente. Si raccolgono poi informazioni circa l’anamnesi odontoiatrica remota. È saggio, infine, registrare oltre a tutte queste informazioni, anche le manifestazioni emotive e comportamentali del paziente e dei genitori. Si passa quindi alla visita nell’ambiente ambulatoriale: anche questa deve essere finalizzata a criteri desensibilizzanti; si deve dare al paziente l’impressione di un ambiente amico, soprattutto per Ia disponibilità delle persone che si cureranno di lui: il paziente deve poter familiarizzare con il curante, con Io staff e prendere coscienza della realtà operativa; successivamente si passerà al contatto diretto con Io strumentario, dato che al suo uso possono essere attribuiti significati simbolici malto carichi.
Scopo della prima visita è, comunque, quello di formulare un giudizio diagnostico corredato opportunamente da un’indagine radiografica, al fine di poter programmare un piano di trattamento adeguato che preveda anche l’uso di sedativi, mezzi di contenzione o altri, utili a modificare il comportamento. Avuti questi dati, si fisserà Ia seduta operativa che sarà possibilmente unica, e si avvierà un accurato programma di prevenzione, comprendente anche visite di richiamo.

Tecniche di controllo del paziente

Le tecniche da adottare con i pazienti handicappati più che avere una funzione di “controllo”, hanno Io scopo di rendere il paziente capace di cooperare quel tanto che basta per effettuare il trattamento odontoiatrico nell’ambiente ambulatoriale. La scelta del procedimento è condizionata dalle necessita emotive e fisiche del paziente e dal tipo e dalla durata del trattamento da effettuare. La tecnica del TLC(Tender Loving Care) può costituire l’unica metodica da adottare in quei pazienti che sono in grado di offrire una certa collaborazione. Quando questa procedura non è sufficiente, Ia si potrà associare ad altre tecniche quali l’analgesia relativa (R.A.) e Ia sedazione cosciente. È importante però non tentare le tecniche di controllo in serie, in ordine ascendente di efficacia, sia per evitare ripetuti traumi, sia per non esporre il paziente ad inutili rischi.

II trattamento odontoiatrico del diversamente abile in analgesia-sedazione

Di notevole aiuto nel trattamento dei pazienti disabili sono le avanzate tecniche di sedazione che soprattutto nei portatori di handicap emotivo-mentale concorrono da una parte alla diminuzione della necessita di ricorrere all’anestesia generale, dall’altro aiutano iI paziente a desensibilizzarsi verso l’ansia nei confronti della seduta odontoiatrica ambulatoriale. La sedazione con protossido d’azoto è un’ottima metodica di approccio del paziente. Non è sul suo effetto sedativo che bisogna contare, ma sulla sua capacità di creare un contesto di collaborazione e di piena fiducia tra medico e paziente, il protossido di azoto è inutile nel caso ci siano problemi di comunicazione, come nei bambini troppo piccoli o nei pazienti autistici.
Bisogna ricordare che non solo Ia non cooperazione del soggetto è modificabile, ma il dentista ha a sua disposizione delle tecniche che si dimostrano efficaci in tal senso. Si intendono le metodiche di sedazione, psicologica e farmacologica, che agendo sulla sfera emotiva del soggetto ne migliorano Ia cooperazione. L’applicazione di queste metodiche ha permesso di ottenere non solo risultati concettualmente validi quali quelli di non ghettizzare alcuni pazienti costringendoli ad ambienti e terapie diverse dalle persone normali ma ha consentito altresì di avviare con loro un discorso pratico di prevenzione stomatologico e di ortodonzia.
La terapia sedativa dei disabili non è assolutamente una semplice terapia farmacologica che vuole eliminare Ia reazione negativa del soggetto, ma si avvale di tecniche di approccio e condizionamento psicologico, che rappresentano oltre il 50% dell’impegno terapeutico e ne condizionano il successo. Queste tecniche sono un perfezionamento della sedazione nel bambino “difficile” che non accetta le cure odontoiatriche e che richiedono per Ia loro riuscita un buon livello di organizzazione e di esperienza. Le terapie sedative ambulatoriali che il dentista può applicare in questi soggetti si basano su 4 possibilità che devono essere usate in successione.

1) Tender Loving Care
Con questo termine si intende un approccio alle cure odontoiatriche affettuoso, tenero, ed attuato con grande gradualità: passo a passo. Questo metodo parte dal principio che il diversamente abile, pur avendo limitazioni neurologiche, psichiche o sensoriali è tuttavia capace di sentimenti. Occorre saper volgere questi sentimenti di ansia e paura verso l’affetto e la tenerezza. Per raggiungere tale scopo dobbiamo sfruttare a pieno le capacità presenti nel paziente: es. senso di imitazione, arte dei segni, ecc. È un lavoro che richiede tempo e professionalità.

2) Premedicazione per OS
Questa deve essere fatta con farmaci non depressivi della respirazione e circolazione. Ottime sona le benzodiazepine e Ia idrossizina. È indispensabile che il dentista si familiarizzi con questi farmaci e ponga attenzione a ricercare un efficace dosaggio individuale rispettando determinate modalità terapeutiche.

3) Mezzi coercitivi
Questi sono finalizzati ad impedire solo movimenti involontari. A tal fine si rivelano utilissimi i genitori.

4) Sedazione cosciente
O altrimenti chiamata Analgesia Relativa, è attuata con alte percentuali d’ossigeno e basse percentuali di N20 ed è sempre accompagnata da tecniche di distrazione. L’R.A. è una tecnica che provoca una alterazione della stato di coscienza nel quale l’ansia e Ia paura sono eliminate e l’interpretazione dello stimolo doloroso alterato. L’R.A. nel disabile è ottima per vincere i disturbi emozionali. Di ogni soggetto si rileveranno attentamente le condizioni fisiche e psichiche al fine di valutare Ia sua idoneità nei riguardi della tecnica stessa.

È errato pensare che II ricorso a questi quattro metodi abolisca il bisogno dell’anestesia generale. Questa rimane sempre come ultima e valida alternativa alla quale possiamo e dobbiamo ricorrere allorché i metodi sedativi sono stati tentati e si sono rilevati insufficienti.
L’R.A. è non solo un successo medico ma altresì un successo umano perchè significa offrire al paziente un tipo di trattamento che Io avvicina ai soggetti normali.